Assedio di Nicosia

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Assedio di Nicosia
parte della guerra di Cipro
L'Assedio di Nicosia in una stampa di Giovanni Francesco Camocio del 1574
Data22 luglio - 9 settembre 1570
LuogoNicosia, Cipro veneziana
EsitoVittoria ottomana
Schieramenti
Bandiera della Repubblica di Venezia Repubblica di Venezia Impero ottomano
Comandanti
Nicolò Dandolo †
Cesare Piovene †
Pietro Pisani †
Eugenio Sinclitico di Rocas †
Marcantonio Prioli †
Bernardo Polani †
Antonio Pasqualigo †
Lala Kara Mustafa Pascià
Effettivi
8 300 uomini, trà fanti italiani e stradioti100 000 uomini
Perdite
8 300 uominisconosciute
circa 20000 civili uccisi dopo la caduta di Nicosia
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Manuale


L'assedio di Nicosia fu una delle prime fasi della guerra di Cipro: iniziata il 22 luglio 1570 ad opera del esercito Ottomano, al comando di Lala Kara Mustafa Pascià che si presentò a Nicosia forte di oltre 100000 uomini, e terminata il 9 settembre successivo con la caduta della città difesa dalla più esigua guarnigione della Serenissima di poco più di 8000 uomini, comandata da Nicolò Dandolo, in una delle più grandi operazioni militari durante la guerra ottomano-veneziana del 1570-1573.[1]

Nell’arco dei due mesi di assedio gli ottomani ebbero la meglio sui difensori veneziani che, asserragliati dentro le mura di Nicosia, le cui difese erano state progettate secondo i criteri più innovativi per l'epoca dal Savorgnan, attendevano e speravano nell'arrivo in soccorso della flotta veneziana, che in quei giorni era ancorata a Candia al comando di Girolamo Zane.

Il 9 settembre 1570 la città cadde con celerità a seguito dei numerosi attacchi e anche grazie all’enorme quantità di pezzi d'artiglieria che riuscirono a mettere in campo i soldati della Sublime Porta, in quanto furono in grado di aprire delle breccia sulle mura difensive della città.

Il governatore Nicolò Dandolo trattò la resa della città fidandosi delle condizioni favorevoli offerte da Lala Mustafà Pascià, ma quest'ultimo, violando ogni accordo preso ed appena entrato in città, la trasformò in un orrendo mattatoio: oltre ventimila persone furono uccise, unitamente a tutti i capi militari, migliaia di ragazze e ragazzi furono avviati negli harem e nei mercati di schiavi di Costantinopoli. Trà le vittime ecclesiastiche illustri si ricorda l'ultimo vescovo di Pafo, il veneziano Francesco Contarini, noto per aver prese parte al concilio di Trento, rifugiatosi dentro le mura di Nicosia durante le prime fasi di occupazione dell'isola di Cipro. Vennero rase al suolo anche la maggior parte dei luoghi di culto di rito latino o convertite in moschee. La caduta di Nicosia causò di conseguenza la resa di numerose roccaforti minori limitrofe.

La testa del Dandolo e degli altri capi militari di Nicosia, infilzate su delle picche dei giannizzeri, vennero inviate a Marcantonio Bragadin, governatore di Famagosta, come intimazione alla resa della città, ma che al contrario si apprestava a difenderla.

Note

  1. ^ L’assedio di Nicosia (1570) e la battaglia di Lepanto (1571) nelle testimonianze di alcuni reduci veronesi, su academia.edu. URL consultato il 02-06-2024.

Bibliografia

  • AA. VV. Storia di Venezia, Treccani, 12 Voll., 1990-2002
  • Diehl, Charles: La Repubblica di Venezia, Newton & Compton editori, Roma, 2004. ISBN 88-541-0022-6
  • (FR) Fabrizio Frigerio: « Une relation de 1572 sur la guerre de Chypre et la Sainte Ligue », Κυπριακαί Σπουδαί [Studî ciprioti], Nicosia, 1980, t. 44, p. 91-106.
  • Romanin, Samuele: Storia documentata di Venezia, Pietro Naratovich tipografo editore, Venezia, 1853.
  • Alessandro Barbero, Lepanto. La battaglia dei tre imperi, Bari, Laterza, 2010, ISBN 88-420-8893-5.
  • Gigi Monello, Accadde a Famagosta, l'assedio turco ad una fortezza veneziana ed il suo sconvolgente finale, Scepsi & Mattana Editori, Cagliari, 2006.
  • Frate Agostino, La perdita di Famagosta e la gloriosa morte di M.A. Bragadino, a cura di Gigi Monello, Scepsi & Mattana Editori, Cagliari, 2013.
  • Oscar Santilli Marcheggiani, I fantasmi di Famagosta, Firenze, Polaris, 2014, ISBN 978-88-6059-137-1.

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