Diocesi di Andria

Diocesi di Andria
Dioecesis Andriensis
Chiesa latina
Suffraganea dell'arcidiocesi di Bari-Bitonto
Regione ecclesiasticaPuglia
 
Mappa della diocesi
Collocazione geografica
Collocazione geografica della diocesi
 
VescovoLuigi Mansi
Vicario generaleDomenico Basile
Presbiteri85, di cui 70 secolari e 15 regolari
1.689 battezzati per presbitero
Religiosi16 uomini, 49 donne
Diaconi7 permanenti
 
Abitanti145.041
Battezzati143.617 (99,0% del totale)
StatoItalia
Superficie799 km²
Parrocchie45 (5 vicariati)
 
ErezioneXI secolo
Ritoromano
CattedraleSanta Maria Assunta
IndirizzoPiazza Vittorio Emanuele II 23, 76123 Andria [Bat], Italia
Sito webwww.diocesiandria.org
Dati dall'Annuario pontificio 2023 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia
Manuale
Il palazzo vescovile di Andria.
San Riccardo patrono della diocesi.
L'ex cattedrale di San Sabino a Canosa.
Cattedra vescovile romanica all'interno della chiesa di San Sabino a Canosa.

La diocesi di Andria (in latino Dioecesis Andriensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Bari-Bitonto appartenente alla regione ecclesiastica Puglia. Nel 2022 contava 143.617 battezzati su 145.041 abitanti. È retta dal vescovo Luigi Mansi.

Territorio

La diocesi comprende i comuni di Andria, Canosa di Puglia e Minervino Murge nella provincia di Barletta-Andria-Trani in Puglia.

Sede vescovile è la città di Andria, dove si trova la cattedrale di Santa Maria Assunta. A Canosa di Puglia sorge l'ex cattedrale di San Sabino. A Minervino Murge si trova l'ex cattedrale di Santa Maria Assunta.

Il territorio si estende su 799 km² ed è suddiviso in 45 parrocchie, raggruppate in 5 zone pastorali, di cui tre ad Andria e una ciascuno a Minervino e a Canosa.

Storia

Non vi sono notizie sulla primitiva diffusione del cristianesimo ad Andria. Secondo la tradizione petrina, comune a molte diocesi della Puglia, la chiesa sarebbe stata fondata dall'apostolo san Pietro nel suo viaggio da Antiochia a Roma. Tradizioni locali hanno anticipato la fondazione della diocesi al V secolo, con un presunto vescovo Richardus anglicus, riferibile piuttosto al santo vescovo del XII secolo.

«Prime attestazioni di una presenza cristiana nel territorio andriese si rintracciano in riferimenti documentari che parlano del locus Andre come distretto arcipretale dotato di ecclesia baptismalis con il compito di amministrazione dei sacramenti e con benefici come il diritto di decima, sotto la giurisdizione episcopale di Trani, sin dal IX-X secolo».[1] È certo che la diocesi non è precedente al 1063; in quest'anno in una bolla di papa Alessandro II all'arcivescovo Bisanzio di Trani, Andria compare tra i possedimenti del metropolita tranese.[2]

Il primo vescovo documentato di Andria è Leone, il cui nome compare in un atto di donazione al monastero di Santo Stefano ad rivum maris del 1137; nel 1143 intervenne alla traslazione delle reliquie di san Nicola Pellegrino a Trani; l'anno successivo è tra i firmatari di un altro atto di donazione della chiesa dei Santi Nicandro e Marziano. Dopo Leone, la seconda metà del XII secolo è segnata dall'episcopato di san Riccardo. Dalla fine del secolo, è documentata la suffraganeità di Andria all'arcidiocesi di Trani; la diocesi comprendeva solo la città episcopale e il territorio circostante.

Secondo la tradizione locale, Beatrice d'Angiò, sposa del duca Bertrando IV del Balzo, portò ad Andria la "Sacra Spina" della corona di Gesù, donata al capitolo e che tuttora si venera nella cattedrale andriese. Nel XIV secolo la città vide la presenza di quattro grandi monasteri: i domenicani (presenti dal 1398), i francescani conventuali, i francescani osservanti di Santa Maria Vetere, e gli agostiniani.

Nel 1438, con il "ritrovamento" del corpo di san Riccardo, si sviluppò la devozione a questo santo vescovo, contestualmente dichiarato patrono della città. Dal 1452 al 1479 la diocesi fu unita in persona episcopi alla diocesi di Montepeloso, l'attuale città di Irsina.

Nel XVI secolo lo sviluppo urbanistico della città favorì la costruzione di diversi edifici religiosi, tra cui il monastero delle benedettine (1563), distrutto in epoca fascista, il monastero e la basilica dei benedettini (1576), il santuario di Santa Maria dell'Altomare. Le decisioni del concilio di Trento tardarono ad essere attuate in diocesi; per esempio, il seminario vescovile fu istituito solo nel 1705 ad opera del vescovo Andrea Ariani. «Alla fine del 1700 le statistiche riportano la presenza di 140 sacerdoti, 151 monaci e fratelli laici, 58 monache e converse, per un totale di 349 religiosi, su circa 13 mila abitanti».[1]

Il 29 giugno 1818, in forza della bolla De utiliori di papa Pio VII, il territorio della diocesi si ampliò incorporando la prelatura nullis di Canosa e la diocesi di Minervino, entrambe soppresse.

Il Novecento ha visto l'episcopato di Giuseppe Di Donna (1940-1952), missionario in Madagascar, di cui è in corso la causa di beatificazione[3]; «la carità pastorale e l'infaticabile azione di pacificazione sociale negli anni duri dello scontro ideologico del dopoguerra ne fanno una delle figure più significative della Chiesa diocesana nel Novecento».[1]

Nel 1976 il comune di Montemilone, già appartenuto alla diocesi di Minervino, fu ceduto alla diocesi di Venosa.[4]

Il 20 ottobre 1980, con la bolla Qui Beatissimo Petro di papa Giovanni Paolo II, è entrata a far parte della provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Bari (oggi arcidiocesi di Bari-Bitonto).

Cronotassi dei vescovi

Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Vescovi originari del presbiterio diocesano

Statistiche

La diocesi nel 2022 su una popolazione di 145.041 persone contava 143.617 battezzati, corrispondenti al 99,0% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
1905 101.000 ? ? 206 200 6 ? ? ? 15
1958 138.450 138.900 99,7 103 83 20 1.344 30 204 29
1970 ? 127.800 ? 125 93 32 ? 38 155 30
1980 124.500 126.792 98,2 101 71 30 1.232 33 165 36
1990 127.000 132.045 96,2 104 68 36 1.221 8 39 147 35
1999 133.000 135.816 97,9 95 67 28 1.400 10 30 113 36
2000 133.500 136.266 98,0 87 61 26 1.534 10 27 116 37
2001 133.800 136.768 97,8 90 64 26 1.486 10 29 113 37
2002 130.000 137.088 94,8 87 65 22 1.494 10 25 108 37
2003 131.000 137.586 95,2 91 70 21 1.439 10 22 110 37
2004 132.000 138.740 95,1 96 71 25 1.375 10 26 73 37
2006 135.000 140.148 96,3 94 73 21 1.436 10 22 91 39
2012 138.000 141.006 97,9 100 72 28 1.380 7 28 82 39
2015 140.000 141.229 99,1 89 69 20 1.573 7 21 82 39
2018 137.800 139.560 98,7 94 67 27 1.465 8 29 71 39
2020 137.527 139.500 98,6 93 67 26 1.478 7 28 69 39
2022 143.617 145.041 99,0 85 70 15 1.689 7 16 49 45

Note

  1. ^ a b c Dal sito Beweb - Beni ecclesiastici in web.
  2. ^ Kehr, Italia pontificia, IX, pp. 291 e 307.
  3. ^ Biografia Archiviato il 17 aprile 2016 in Internet Archive. dal sito www.fragiuseppedidonna.com Archiviato il 15 marzo 2016 in Internet Archive..
  4. ^ AAS 68 (1976), pp. 675-677.
  5. ^ Secondo Lanzoni, questo vescovo non sarebbe che un raddoppiamento del santo vescovo del XII secolo. Inoltre un vescovo con un nome anglosassone nella Puglia romana del V secolo è evidentemente anacronistico.
  6. ^ Questo vescovo, ignoto a Ughelli e non documentato da altre fonti, è inserito nella cronotassi di Andria da Cappelletti e da Gams, in base ad una indicazione riportata negli Annales Camaldulenses (Venezia 1762, tomo 3, p. 84), che riferiscono della morte il 22 agosto di Gregorio, sancti Andrii episcopus.
  7. ^ Secondo Ughelli, Cristoforo avrebbe preso parte al concilio di Nicea II del 787; tuttavia nessun vescovo pugliese partecipò a quel concilio, dei quattro vescovi Cristoforo presenti nessuno appare associato ad una sede Andriensis, mentre sono presenti due vescovi Costantino, uno di Andro nell'Egeo e l'altro di Adriane nella Panfilia Seconda. Jean Darrouzès, Listes épiscopales du concile de Nicée (787), in Revue des études byzantines, 33 (1975), pp. 5-76. Arcangelo di Gioacchino Prologo, I primi tempi della città di Trani e l'origine probabile del nome della stessa, Giovinazzo 1883, pp. 123-133.
  8. ^ Tradizioni locali inseriscono nella cronotassi di Andria anche i vescovi Matteo (1097), Desidio (1102) e Ilderico (1126), non documentati storicamente. Cronotassi iconografia e araldica dell'Episcopato pugliese, Regione Puglia 1984, p. 89.
  9. ^ Kehr, Italia pontificia, IX, p. 307.
  10. ^ a b c d e f Kamp, Kirche und Monarchie…, II, pp. 562-564.
  11. ^ a b Kamp, Kirche und Monarchie…, IV, p. 1308.
  12. ^ Rafael Lazcano, Episcopologio agustiniano, Agustiniana, Guadarrama (Madrid) 2014, vol. I, p. 489-490.
  13. ^ Gams inserisce i vescovi Egidio (1322) e Giacomo (1345). Secondo Eubel (Hierarchia catholica, I, p. 89, nota 1) questi due vescovi sono da eliminare dalla cronotassi di Andria, in quanto nella bolla di nomina di Giovanni di Alessandria si dice espressamente che la sede di Andria era vacante per la morte di Domenico. Domenico è citato vivente in un atto notarile del 1343 presso la Biblioteca Diocesana di Andria (cfr. Quaderni della Biblioteca Diocesana, n. 1 Aprile 2001, p. 16)
  14. ^ Lazcano, o. c., p. 491.
  15. ^ Lazcano, o. c., p. 491-492.
  16. ^ Dopo Giovanni III, Ughelli inserisce i vescovi Nicola († 1376) e il successore Benedetto da Negroponte (Italia sacra, col. 926). Questi due vescovi erano in realtà vescovi latini della diocesi di Andro nell'Egeo (Eubel, Hierarchia catholica, I, p. 90, nota 3).
  17. ^ Avendo aderito all'obbedienza avignonese, venne deposto e successivamente nominato vescovo di Viterbo dall'antipapa Clemente VII (1390). Lazcano, o. c., pp. 492-493.
  18. ^ Lazcano, o. c., p. 493.
  19. ^ Dopo Francesco de Nigri, Ughelli inserisce Andrea Doria (de Aurea) (1427), che fu vescovo di Andro in Grecia e non di Andria.
  20. ^ Nominato vescovo titolare di Lisiade.
  21. ^ Nominato vescovo titolare di Sinna.

Bibliografia

  • (LA) Ferdinando Ughelli, Italia sacra, vol. VII, seconda edizione, Venezia, 1721, coll. 920-935
  • Vincenzio d'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie (nullius) del Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1848, pp. 18–20
  • Giuseppe Cappelletti, Le Chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni, Venezia, 1864, vol. XIX, pp. 77–82
  • Francesco Lanzoni, Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo VII (an. 604), vol. I, Faenza, 1927, pp. 302–303
  • Giuseppe Gabrieli, Bibliografia di Puglia, parte II, pp. 333–334
  • (LA) Paul Fridolin Kehr, Italia Pontificia, vol. IX, Berolini, 1962, pp. 307–309
  • (DE) Norbert Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien, vol. 2, Prosopographische Grundlegung: Bistümer und Bischöfedes Königreichs 1194 - 1266; Apulien und Kalabrien, München, 1975, pp. 562–564
  • (LA) Pius Bonifacius Gams, Series episcoporum Ecclesiae Catholicae, Graz, 1957, pp. 848–849
  • (LA) Konrad Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi, vol. 1, pp. 89–90; vol. 2, p. 88; vol. 3, p. 109; vol. 4, p. 83; vol. 5, p. 85; vol. 6, p. 83
  • (LA) Bolla Qui Beatissimo Petro, AAS 72 (1980), pp. 1232–1233

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