Mark Borisovič Mitin

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Mark Borisovič Mitin

Deputato del Soviet delle Nazionalità del Soviet Supremo dell'URSS
LegislaturaIII, IV, V
CircoscrizioneRSFS Russa (III, IV), RSSA Ciuvascia (V)

Dati generali
Partito politicoPartito Comunista dell'Unione Sovietica
Titolo di studiodoktor nauk in filosofia
UniversitàIstituto dei Professori Rossi e Università comunista Sverdlov
FirmaFirma di Mark Borisovič Mitin

Mark Borisovič Mitin, in russo Марк Борисович Митин? (Žytomyr, 5 luglio 1901, 22 giugno del calendario giuliano[1] – Mosca, 15 gennaio 1987), è stato un filosofo sovietico.

Biografia

Membro del Partito Comunista dell'Unione Sovietica dal 1919,[2] definito «stalinista inveterato»,[3] fu uno dei principali teorici del marxismo-leninismo dopo la condanna, nel 1931, della scuola di Abram Moiseevič Deborin.[4] Fu direttore dell'Istituto di marxismo-leninismo dal 1939 al 1944[2] e direttore della rivista del Cominform, Per una pace stabile, per una democrazia popolare!, dal 1950 al 1956.[2] I suoi principali oggetti di studio furono la militanza nel partito, la teoria marxista dello stato e problemi della teoria della conoscenza.[2]

Fu membro del Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica dal 1939 al 1961 e deputato al Soviet Supremo dell'URSS dal 1950 al 1962.

Opere

  • (EN) Mark Mitin, Marxist philosophy of real humanism and its significance in our time, in Akten des XIV. Internationalen Kongresses für Philosophie, vol. 2, 1968, pp. 80-86, DOI:10.5840/wcp141968283.
  • (EN) M. B. Mitin, Marxism-Leninism, su The Free Dictionary, 3ª ed., Great Soviet Encyclopedia, 1970-1979.
  • (DE) M. B. Mitin, Philosophie und sozialer Fortschritt, a cura di Bernd P. Löwe, traduzione di E. Strnad, De Gruyter, 1983, DOI:10.1515/9783112470763.

Onorificenze

Onorificenze sovietiche

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Note

  1. ^ Nelle zone appartenute all'Impero russo il calendario gregoriano venne introdotto il 14 febbraio 1918.
  2. ^ a b c d Grande enciclopedia sovietica.
  3. ^ (EN) Vesa Oittinen, Introduction, in Studies in East European Thought, vol. 57, n. 3/4, p. 224, DOI:10.1007/sl1212-005-1415-1, JSTOR 20099913.
    «the editorial board was an aggregation of inveterate Stalinists such as Mark Mitin on the one hand […]»
  4. ^ Treccani.it.

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Collegamenti esterni

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