Oche del Campidoglio

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Henri-Paul Motte, Oche del Campidoglio, 1889

L'avvenimento leggendario che vide come protagoniste le Oche del Campidoglio fa parte della storia di Roma; secondo la leggenda sarebbe avvenuto sul colle del Campidoglio nel 390 a.C., nel frangente storico dell'assedio di Roma durante le prime spedizioni celtiche in Italia.

La leggenda

I Galli Senoni di Brenno assediavano Roma e cercavano un modo per penetrare nel colle Capitolino: qui si erano rifugiati i romani che non erano fuggiti a Veio o a Caere all'arrivo degli assalitori. Il condottiero romano Marco Furio Camillo era in esilio ad Ardea a causa delle sue posizioni anti-plebee. Un messaggero, mandato dai romani di Veio prima a Roma e poi ad Ardea per richiamare il generale, era riuscito ad entrare sul Campidoglio nonostante l'assedio. Avendolo seguito, i Galli stavano per riuscire, nottetempo, a entrare nel Campidoglio. Un'altra fonte, invece, parla di un cunicolo sotterraneo scavato dagli assedianti. La leggenda narra che le oche, unici animali superstiti alla fame degli assediati perché sacre a Giunone, cominciarono a starnazzare rumorosamente avvertendo del pericolo l'ex Console Marco Manlio e i romani assediati. Marco Manlio venne per questo episodio denominato Capitolino.

L'assedio fu respinto e l'imminente arrivo di Camillo cominciò a ribaltare le sorti della guerra a favore dei romani: i Galli cominciarono a subire le prime sconfitte mentre l'esercito del condottiero avanzava da Ardea. Gli assedianti cercarono quindi un compromesso: a fronte di un tributo pari a mille libbre d'oro, questi avrebbero tolto l'assedio. I romani, al momento di pagare, si accorsero che le bilance erano truccate e, alle loro rimostranze, Brenno, in gesto di sfida, aggiunse la sua spada alla bilancia pretendendo un maggiore peso d'oro e pronunciò la frase «Vae victis («Guai ai vinti!»). Qui la tradizione narra un secondo episodio leggendario: mentre i romani chiedevano tempo per procurarsi l'oro che mancava, Camillo raggiunse Roma con il suo esercito. Una volta di fronte a Brenno, gli mostrò la sua spada e gli urlò in faccia: «Non auro, sed ferro, recuperanda est patria» ("Non con l'oro, ma con il ferro, si riscatta la patria").

Secondo la tradizione, in seguito a questo episodio si procedette alla costruzione del Tempio di Giunone Moneta sul Campidoglio ("Moneta" vuol dire che avverte, che ammonisce), che sorgeva proprio nel cortile dove dimoravano le oche.

Rappresentazioni

Nell'area archeologica di Ostia antica è stato ritrovata una rara raffigurazione delle oche; nel rilievo sono raffigurate tre oche starnazzanti, sotto un tempio, che si ritiene sia il Tempio di Giunone Moneta.[1][2]

Nella cultura di massa

Il brano Le oche del Campidoglio dello Zecchino d'Oro 2000 si è ispirato proprio a questo avvenimento.

Note

  1. ^ Pannello 60 - Figura 5, su ostiaantica.beniculturali.it. URL consultato il 23 febbraio 2023.
  2. ^ G. Becatti, Un rilievo con le oche capitoline e la basilica di Ostia, in BullCom 1943-45.

Voci correlate

Collegamenti esterni

  • Plutarco, Le oche del Campidoglio
  • Le oche del Campidoglio
  • L'età romana Archiviato il 26 settembre 2020 in Internet Archive.
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